Pinella Imbesi, la memoria del passato
Tra gli artisti più interessanti esposti a ‘Protagonisti del Tempo d’Arte’, mostra tenutasi a Santa Maria del Cedro (CS) curata dalla affermata art curator Angiolina Marchese e presentata da Vittorio Sgarbi, spicca l’opera di Pinella Imbesi.
Nata a Pace del Mela (ME), già in tenera età ha manifestato una spiccata predisposizione per il disegno sui banchi di scuola. Ottiene il suo primo riconoscimento, al liceo e dopo avere completato gli studi, si dedica alla pittura ed espone in molte città italiane, europee e oltre oceano. Nell’ambito di mostre personali, collettive e manifestazioni culturali, riceve numerosi riconoscimenti e premi di prestigio oltre a realizzare copertine per libri di poesie. Ma è nell’incontro col grande critico d’arte Vittorio Sgarbi, alla Biennale di Verona e poi alla Biennale di Palermo, che per Pinella si delinea un percorso di maggiore rilievo artistico.
A Palermo, nel 2015, Pinella Imbesi è nominata ‘Artista dell’Anno’ ed è selezionata per l’importante progetto editoriale ‘Pronto Soccorso – gli artisti curati da Vittorio Sgarbi’. Tale progetto ha consentito a Pinella di ottenere una menzione critica, con conseguente inserimento nella Collezione Sgarbi delle stampe e dei disegni. E queste le parole dell’illustre critico rivolte all’arte della Imbesi: «Memoria di luoghi, memorie di vita: la pittura di Pinella Imbesi rispecchia molti degli indirizzi più tipici di quello straordinario fenomeno collettivo, sorprendentemente trascurato anche dagli studiosi di scienze sociali, che é la produzione artistica di massa, ossia di tutta quell’arte, numericamente maggioritaria, che viene prodotta al di fuori dei canali più istituzionalizzati, avendo come scopo primario la soddisfazione dei bisogni espressivi degli individui. Se a fare della pittura il deposito visuale di sensazioni ed esperienze che hanno segnato la propria esistenza si rientra nella tendenza generale, l’originalità dell’artista sta nel modo in cui rende la diversità di quegli stimoli, e la diversa capacità con cui hanno inciso nella propria vita come nella propria persona. Così, nel caso della Imbesi, paesaggi di una Sicilia campestre a due passi dal mare, più che alimentare un repertorio contemplativo fin troppo abusato, vogliono essere il correlativo di una precisa sensibilità, quella, appunto, dell’artista, nutrendosi di una vena nostalgica che crede alla forza vivificante del ricordo, ma che lamenta anche la perdita di un passato ormai solo evocabile. Tutto sembra ancora come era, eppure niente é più come é stato, lasciando addosso l’ombra di una presenza che, per quanto ancora ben rintracciabile nell’odierno, non ha più, nella vita di chi ne é stato partecipe, la stessa pregnanza di una volta. Non é questo, del resto, un discorso che vale solo per gli individui comuni, quali tutti noi siamo, alle prese con le nostre piccole esistenze, ma vale anche per la storia dell’uomo nel suo complesso, che nel diventare oggetto di conoscenza viene in gran parte privata del fattore individuale; la memoria del passato, desumibile attraverso le sue rimanenze archeologiche, é comunque nostalgia di qualcosa di perduto che non ci appartiene più, se non immaginandolo, proiettandolo nelle nostre disposizioni interiori più segrete. Sarebbe bello se quelle memorie potessero di nuovo affermare il loro trionfo sul mondo, come la Imbesi fa fare a qualche illustre opera del passato greco-romano, facendola affiorare portentosamente dal mare. Ma sono fantasie, licenze poetiche, per quanto ammalianti».
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