L’arcobaleno illumina Eva
Eva3000 è un giornale di tutti, senza limiti e tabù: è per questo che in quest’estate ancora difficile la nostra testata e le pagine interne si tingono dei colori dell’arcobaleno, per dare il nostro contributo alla causa della parità dei diritti e della guerra contro l’omofobia, la transfobia e tutti quei pregiudizi (talvolta violenti) che ancora ci sono nel nostro paese. La prima testimonial di questa nostra colorata campagna è Vladimir Luxuria, in passato deputata della Repubblica e oggi portavoce della battaglia pacifica ma imponente che si sta combattendo ogni giorno nel paese e in Parlamento. Si chiede solo che una legge chiara ed esaustiva condanni senza se e senza ma ogni tipo di comportamento discriminatorio che oggi passa totalmente impunito.
L’intervista a Vladimir Luxuria
La ricerca della propria identità non è cosa semplice. Lo sa bene Vladimir Luxuria che ammette: «Il primo obiettivo è capirsi, per poi riuscire a farsi capire. Bisogna accettarsi, smettere di pensare che sia qualcosa di sbagliato, smetterla di reprimersi, di far finta di niente e girare la testa dall’altra parte». L’attivista LGBT+ ha poi chiosato: «Dobbiamo renderci conto che esiste un’identità di genere e che non sempre ci si identifica nel proprio genere anagrafico».
Com’è stato per te rendertene conto? Quanti anni avevi?
L’ho sempre saputo, ci si nasce, non c’è un giorno in cui fai uno switch. Pur essendo nato maschio, col nome di mio nonno paterno, con il fiocco azzurro e tutte le aspettative che ci sono per il primogenito, io mi sentivo femminuccia: preferivo gli show di Raffaella Carrà alle partite di calcio, le bambole, le amichette femmine. Tra anima e corpo ho deciso che era più importante ascoltare il mondo interiore. Mi sono detta: se devo cambiare qualcosa, non posso cambiare l’anima, ma posso fare delle modifiche al corpo. Non è stato facile, prima di arrivare all’obiettivo finale ho superato tantissime prove, ho abbattuto tanti mostri: la solitudine, la discriminazione, l’auto colpevolizzazione, lo scherno, il bullismo, l’emarginazione. Ma ho vinto la partita.
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