Il viaggio in Corea è stato un’apertura su un universo lontano, rivelatore. Mia figlia, 13 anni, appassionata di k-pop, ha la magrezza asiatica degli idols coreani, pelle bianca diafana in una delicata perfezione. Anche se ho cercato di rendere il più salutare possibile questa moda obbligandola ad enormi piatti di pasta, l’imitare questi divi coreani non è certo un vantaggio per le adolescenti che si vedono propinare modelli di bellezza affascinante ma impossibili. I divi della Corea vengono sottoposti a un massacro mentale e fisico per rispondere ai requisiti di bellezza necessari per appartenere al mondo dello spettacolo, al punto di fare ripetuti interventi chirurgici per occidentalizzare le proprie fattezze. I nostri occhi a palla sono per loro un miraggio, così ingrandiscono le proprie mandorle per avere uno sguardo più rotondo, alzano il setto nasale per renderlo importante e diminuiscono la mascella per triangolizzare il viso quadrato. Questa ossessione poi si riflette per strada al punto che quando cammini per le vie di Seul ti imbatti in molte bamboline che sotto un ombrellino da sole sfoggiano trucchi spettacolari e vestiti che sono il frutto di ardite combinazioni della street fashion.
Atterrata a Seul in un aeroporto futurista e iper-pulito che fa concorrenza solo a Dubai, il Four Seasons ci aspettava con la sua vista a 180 gradi su una città che anche dall’alto ti appare pulita e ordinata. Questo tema della nitidezza di un mondo scandito dalla disciplina si riflette in tutti i campi, dai sorrisi e la gentilezza del tono di voce dei coreani, alla pacatezza dei modi, alla sobrietà controllata di uno stile di vita dove anche le strade sembrano meno clacsonate del solito e le metropolitane si trasformano in mercati sotterranei, fatti di bancarelle e negozi dove si vende di tutto con altrettanta meticolosa diligenza. Seul non sembra pericolosa ma confortevole. Anche se nessuno parla l’inglese, puoi usare un app traduttore. I musei costano un dollaro, offrono guide gratuite, sono sovvenzionati dal governo perché la cultura delle persone è una ricchezza. E ti trovi ad entrare nel mondo del passato come d’incanto, mentre percorri i cortili di quello che erano le dimore degli imperatori e ricostruisci un’epoca.
Oggi però voglio continuare a parlarvi della Seul moderna, quella che contempli dall’alto della N-Tower, quando ti affacci a 360 su una città che ha avuto il privilegio di una ferrea urbanistica, con quartieri uniformati nelle torri dei suoi edifici, a disegnare un panorama che non conosce il caos. Anche le strade, in basso, restano luminose a differenza di quelle di New York, segno che questa città è più giovane e le sue strade le ha costruite da subito a 8 corsie. La passeggiata che dalla funivia porta alla T-tower è costellata dai lucchetti dell’amore, foreste di metallo colorato che la gente chiude sui parapetti formando pittoreschi grappoli sgargianti ovunque posi gli occhi. La gente che ha bisogno di sognare e di scrivere il più in alto possibile, vicino al cielo, i propri nomi uniti nell’amore… (continua la prossima settimana)