L’estate è viaggio, anche interiore. D’estate si cambia, si lasciano vecchie abitudini per abbracciare nuove avventure, i ragazzi passano da un anno scolastico a un altro, alcuni si alzano di quasi dieci centimetri in tre mesi, sulla scia della trasformazione. Per noi l’estate è la famiglia, ci ritroviamo tutti e quattro per viaggiare insieme nel mondo, noi che per la maggior parte dell’anno facciamo i pendolari intercontinentali tra l’Europa ed Abu Dhabi. E così ora siamo in America, atterrati in una delle più belle delle sue città, New York, che è il concentrato della storia americana, con le sue zigurrat che svettano in alto a ricordare che New York non è una pianura, ma una catena montuosa. Sì, perché mentre percorri le valli delle sue strade sei al buio, il sole tramonta presto in basso, sull’asfalto newyorkese pieno di macchine e una fiumana inarrestabile di gente, così chi l’ha costruita l’ha capito e i nuovi grattacieli sono direttamente delle torri, svettano in alto solo dal nucleo di un palazzo che sul perimetro si alza invece per meno piani, lasciando il posto ai giardini pensili.
Un diverso punto di vista
Ecco perché New York è un insieme di montagne che svettano al cielo, a gradoni, per 400-500 metri. E dall’alto, dove il sole è perenne, tu contempli la bellezza vera di questa città che quassù non ti colpisce nemmeno più con il suo incessante rumore di clacson. Solo il Financial District rimane scuro, antico, le viottole acciottolate che riecheggiano i film di gangster americani, con quella nota di sottofondo buio e sinistro che l’America tutta possiede, ovunque tu vada. È la presenza del puritanesimo e dei suoi primi edifici, la senti a Boston e Chicago questa nota molto forte, severa, anche nelle chiese sparute che si alzano tra gli edifici, basse e rossicce, spoglie e sobrie, come i primi pionieri che la abitarono. Come se l’anima imprigionata nel calcestruzzo di questi edifici fosse asservita a una mente geniale ma legnosa e autoritaria. È sempre il buio dei piani di sotto a costruire questa nota oscura. A chi come noi italiani è abituato a camminare al sole, invaso dalla chiarezza della sua felicità, questa nota ricorrente viene avvertita come un brivido finché, salendo al centesimo piano, te ne rendi conto e sai finalmente di cosa si tratti. Essere abbracciati dal sole sul The Summit, uno degli ultimi piani del Vanderbuilt che è uno degli edifici più alti e più belli di New York, è un’esperienza. Ti trovi circondata dalla luce riflessa dagli specchi moltiplicano in eterno la tua immagine e quella di chi ti sta attorno, spiazzandoti. L’arte oggi è uno spazio che ti abbraccia, noi i palazzi li conosciamo così a New York, salendo in cima con ascensori che sfidano i limiti della velocità mentre ti si chiudono le orecchie. I palazzi di New York sono un’esperienza turistica: ci sono filmati che illustrano brillantemente la crescita della città, ristorantini in cui mangiare qualcosa al sole, tra le nuvole, oltre la claustrofobia delle strette strade che stanno in basso.
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